In breve su di me:
- Ho oltre 30 anni di esperienza nel trattare cani di ogni tipo e carattere e prepararli ai compiti più diversi.
- Sono addestratore cinofilo certificato ENCI di 1. livello, ed educatore cinofilo FISC di 2. livello; penso però che le esperienze formative più importanti per me siano state quelle sul campo.
- In seguito a un triste episodio che ha coinvolto i miei due cani, ho intrapreso un percorso ulteriore che mi ha portato alla mia specialità: il recupero dei cani divenuti pericolosi.
- Oggi lavoro a tempo pieno al rifugio Animal’s Emergency, vicino a Milano, dove mi occupo di ricevere, valutare e ove necessario rieducare i nuovi ospiti, che spesso hanno un passato difficile, e che vogliamo preparare al più presto per una nuova adozione.
- Ho la grande fortuna di fare un lavoro che è anche la mia passione, quindi – tempo permettendo – seguo volentieri anche clienti privati, che aiuto a ritrovare un rapporto sereno e armonioso con i loro cani. Anche nei casi più difficili.
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Un cane è parte della tua famiglia, e il suo comportamento influenza la tua vita domestica, la tua salute, le tue finanze, le tue relazioni, l’idea che dai di te alle persone. Quando mi chiedi di aiutarti con il tuo cane, in qualche modo mi stai chiedendo di aiutarti con la tua vita. Mi sembra giusto, quindi, raccontarti qualcosa in più sulla mia: perché faccio questo lavoro, come sono arrivato a farlo, e le esperienze che ho raccolto sul cammino.
I cani sono una presenza quotidiana nella mia vita da quando ho memoria.
Mio nonno era un pastore, e sia lui che mio padre erano appassionati di cani. Tenere i cani e addestrarli, quindi, è sempre stato parte della storia famigliare. Prima ancora di imparare a leggere e scrivere, ho iniziato a comunicare con i nostri cani. Mi è stato insegnato come trattarli, come capirli, come guidarli, come rispettarli e farmi rispettare. Uno dei miei primi ricordi di bambino (avrò avuto intorno ai 6 anni) è di come Diana, la nostra setter, quando eravamo in campagna restava sempre nelle mie vicinanze, e con i piccoli e grandi gesti tipici dei cani mi faceva sentire vegliato, protetto, accudito.
Forse è per questo che, anche crescendo, continuai a cercare la compagnia dei cani. La trovai facilmente, perché in Sicilia, la mia regione, i randagi sono un po’ ovunque. Durante gli anni dell’adolescenza passavo spesso il tempo con loro, mi affezionavo, cercavo di aiutarli, e intanto facevo i miei piccoli esperimenti di addestramento.
Intorno ai 18 anni mi trasferii in Piemonte per iniziare a lavorare come Operatore Socio Sanitario in una RSA. Di solito, questo è il periodo della vita in cui le responsabilità e i tempi del lavoro ti portano a dimenticare o abbandonare gli “amori” giovanili. Non fu così per me: i cani rimasero sempre la mia passione.
Subito dopo il trasferimento cominciai a frequentare dei campi di addestramento cinofilo (che in Sicilia, a quel tempo, non esistevano ancora), e ben presto mi trovai a fare da assistente agli addestratori. Già allora, c’era qualcosa nel guidare un cane verso il suo più grande potenziale e una vita più felice che mi faceva stare bene come nient’altro al mondo.
Tra i 18 e i 32 anni ebbi modo di lavorare con un’ampissima varietà di cani, e le mie conoscenze pratiche crebbero di conseguenza. A volte pensavo di farne il mio lavoro a tempo pieno, ma un lavoro ce l’avevo già, mi trovavo bene, e non volevo fare salti nel buio.
Ma un brutto giorno di agosto del 2017, ci pensò il destino a decidere per me.
Nel 2015 avevo finalmente preso un cucciolo di Rottweiler, che avevo chiamato Aaron. Poco tempo dopo era arrivato anche Zeus, un Rottweiler più anziano, in ottima salute e con un ottimo pedigree, ma che la padrona non poteva più tenere per problemi di salute. Oltre a essere una compagnia stupenda, quei cani mi riempivano di orgoglio, specialmente perché – a differenza di altri della loro razza – erano perfettamente socializzati, e li potevo condurre in piena sicurezza in ogni situazione.
La sorte, a volte, riserva ironie crudeli.
A quel tempo vivevo in un piccolo paese dell’Emilia Romagna, dove avevo preso casa per essere vicino al lavoro. Un giorno capitò che chiudessi male il portoncino di casa, e mentre ero impegnato in un lavoro al primo piano dell’abitazione, Aaron e Zeus uscirono da soli. Passava di lì una signora insieme all’anziana che accudiva. Spaventandosi nel vedere i due cani senza accompagnatore, la donna – secondo i racconti dei testimoni – ebbe la sfortunata idea di tentare di allontanarli con il bastone dell’anziana. Aaron e Zeus, naturalmente, reagirono attaccando quella che per loro era un’intrusa aggressiva sul loro territorio (se conosci la razza, sai che i Rottweiler sono particolarmente territoriali).
Quando arrivai sul posto, i cani risposero immediatamente al mio richiamo, tornando obbedienti al mio fianco. Ma il danno era fatto: la poveretta venne portata all’ospedale in pessime condizioni, e fu un miracolo che sopravvisse. 180 punti tra volto, braccia e torso.
Ricordo ancora il momento in cui Aaron e Zeus mi si avvicinarono con tutto il muso sporco di sangue. Fu lo shock più grande della mia vita. L’attimo prima avevo una vita normale in compagnia dei miei cani, l’attimo dopo avevano fatto a brandelli una donna innocente. Il dolore e il senso di colpa che ne provai furono devastanti. Ti lascio poi immaginare la reazione degli abitanti del paese nei miei confronti.
Aaron e Zeus vennero messi sotto sequestro e rinchiusi in un canile a circa 70 chilometri da casa mia. Ora avevo di fronte una scelta: potevo fare la rinuncia di proprietà, e lasciare che i miei cani venissero soppressi, o marcissero in un box, trattati chissà come e da chissà chi.
Decisi che avrei fatto tutto il necessario pur di riportarli a casa.
In concreto, questo significava intraprendere tutto un percorso istituzionale per la loro riabilitazione. Avrei dovuto seguire dei corsi sotto la guida di esperti incaricati, per poi sottopormi insieme ai cani a una serie di test sul campo, per provare di saperli gestire e condurre in sicurezza.
Tu dirai: “beh, fattibile, eri già un esperto”. Sì, peccato che tra casa mia e il campo di addestramento dove avrei dovuto seguire il percorso ci fossero decine e decine di chilometri, e che il costo di alloggio per i cani – dato che ne ero ancora il proprietario – fosse di 1200 euro al mese.
Durante quel periodo spesi decine di migliaia di euro per i cani, i viaggi, e il percorso di addestramento, che pagai facendo doppi turni e turni di notte all’RSA. In quel periodo passavo ore in macchina tutti i giorni, dormendo spesso nel parcheggio di un autogrill perché non riuscivo ad arrivare fino a casa.
Lo stress di quei mesi fu così intenso che, in retrospettiva, credo mi costò anche delle relazioni importanti. In qualche modo, diedi più importanza ai cani che alle persone.
Ma non avrei saputo fare diversamente. Quei cani non erano solo miei amici: erano una mia responsabilità.
In più, recuperarli era diventata una sfida con me stesso e agli occhi del mondo. A tutti quelli che considerano irrecuperabili casi del genere, volevo dimostrare che – anche nei casi più estremi – un cane può essere recuperato, essere tenuto in piena sicurezza e avere ancora una vita normale.
Oggi mi sento di poterlo dire: non tutto il male vien per nuocere.
Durante il percorso di riabilitazione feci un salto di qualità come addestratore.
Di questo devo ringraziare Massimo Giunta, che mi seguì nel percorso di recupero. Da Massimo imparai tante cose, ma quella che mi resterà sempre più impressa è la sua prima regola per diventare un buon addestratore: osservare, osservare, osservare. Perché a chi sa osservare, un cane fa capire tutto il necessario. Questa fu la lezione che mi permise di creare un rapporto ancora più stretto con i miei cani, e che da allora influenzò tutta la mia pratica cinofila.
Finalmente, nel febbraio del 2018, arrivò il grande giorno: il test che avrebbe deciso se avrei potuto riprendere possesso dei miei cani. Aaron e Zeus superarono tutte le prove nel modo più brillante, e mi fu riconosciuta la capacità di condurli in piena sicurezza.
Anche se non avevo dubbi che avremmo superato le prove, fu comunque un enorme sollievo. E un’enorme soddisfazione.
Zeus, purtroppo, morì per cause naturali poco dopo che superammo il test. Aaron, durante l’ultimo tratto dell’iter burocratico, fu alloggiato al Pet Rescue Italia, un rifugio in provincia di Milano. Frequentando quotidianamente il rifugio, nacque un rapporto di confidenza e stima tra me e le persone che lo animavano, che mi offrirono un lavoro a tempo pieno nel centro.
Decisi di accettare: ci ero arrivato nel modo peggiore, mi era costato caro, ma lavorare con i cani era quello che avevo sempre sognato. Lasciai il lavoro alla RSA e la vecchia casa dell’incidente, e accettai il lavoro al Pet Rescue.
Poco dopo, iniziai anche il percorso che nel 2018 mi avrebbe portato alla qualifica di addestratore cinofilo con l’ENCI (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana) e nel 2020 a quello di educatore cinofilo con la FISC (Federazione Italiana Sport Cinofili).
Perché due diversi percorsi formativi?
L’addestratore e l’educatore sono figure diverse nel mondo cinofilo. L’educatore si occupa di tutto quello che riguarda la convivenza del cane con il suo umano, o la sua famiglia umana (e animale). L’addestratore, invece, prepara il cane per attività specifiche, per esempio i vari sport cinofili o i compiti svolti nelle unità cinofile delle forze dell’ordine.
Diciamo anche che nella cinofilia esistono diverse scuole di pensiero, ognuna con le sue idee, le sue strategie, le sue tecniche, i suoi strumenti. Io sono dell’opinione che sia meglio avere una conoscenza più ampia possibile a cui attingere, e usare i vari “attrezzi” che hai nella tua cassetta in base ai cani e alle persone con cui lavori. Ci sono casi in cui si dimostra più adatto l’approccio A, altri in cui è meglio usare la tecnica B. Non si finisce mai di imparare.
Oggi lavoro con Animal’s Emergency e altre strutture per dare a più cani possibile l’opportunità di vivere una vita felice insieme ai suoi nuovi umani.
Insieme ai nostri stupendi collaboratori e ai volontari del centro, mi occupo di un po’ tutto quello che riguarda il benessere dei cani alloggiati; in particolare, mi occupo di valutare le condizioni e le competenze dei nuovi cani che arrivano al rifugio, e quando ci sono dei problemi, li guido in un percorso rieducativo, in modo che siano al più presto pronti per una nuova adozione.
A fine giornata, dalle 18.00 circa fino a tarda sera lavoro con i clienti privati.
La cosa che mi dà la carica tutti i giorni è l’esperienza di riportare equilibrio, serenità e armonia tra un cane e le persone.
Vedere un cane che poche settimane prima rischiava di essere soppresso, e ora è felice insieme alla sua nuova famiglia mi dà una soddisfazione che nessun altro lavoro mi potrebbe dare.
Nel poco tempo che mi resta mi piace stare in compagnia dei miei amici, godermi i momenti semplici con le persone che amo; mi piace andare in moto, e provare spesso nuove esperienze, come i lanci con il paracadute.
Qualcuno ha detto: “fà il lavoro che ami e non lavorerai mai un giorno in vita tua”. Non so se sia proprio così, ma so che questa vita mi calza a pennello, perché passo il tempo con persone e animali che amo, e che vedo ogni giorno fare piccoli e grandi progressi, e ritrovare ritrovare sicurezza, gioia di vivere, amore.
E quando arrivo a casa la sera, sono stanco, ma contento.